PROSPETTIVA INAVVERTITAMENTE PREZIOSA

PROSPETTIVA INAVVERTITAMENTE PREZIOSA

Mostra personale di Giorgio Maggiorelli | Libreria BOCCA (Milano, Italia)

Il senso della mostra parte da un trauma, in questo caso “Il sogno infranto”, talmente delicato e profondamente radicato da invitarci alla riflessione su cosa questa società ci fa vivere imponendosi a tal punto da volerci uccidere nell’identità.

La risposta, sta nel viaggio onirico della composizione che l’artista ci presenta. Da ricordi di viaggi alle passioni personali, dalla ricerca ossessiva di atmosfere legate alla pioggia e a quel senso di protezione che solo la ricerca e la passione per l’arte in questo caso, riescono a sublimare.

Un percorso fatto di accenni leggeri, con riferimenti anche al passato, come se tutto fosse inevitabilmente aggrappato ad un sottile filo di speranza incondizionata tanto quanto l’amore per la vita. Il dolore che ci porta a cambiare prospettiva, finisce per sorreggere la parte più vera di noi.

Scrive Luca Cantore D’Amore, concludendo il suo testo critico per la mostra:

“… Perché si può essere piccoli d’età, ma non di pensieri, se si hanno gli strumenti giusti. E gli strumenti della giovinezza sono le cose semplici. Si badi bene, non quelle elementari: ma quelle semplici, appunto. Poiché, esse, allo stesso tempo, come le cose semplici sono quando posseggo una loro profondità, possono anche essere vertiginosamente complesse. Difficile è il contrario di semplice, non complesso. Così, la complessità delle cose semplici di Giorgio Maggiorelli, si esprime attraverso gli attrezzi del difficile e conturbante mestiere dell’essere bambini, con grande disinvoltura e un pizzico di inevitabile disincanto ormai ovviamente sopraggiunto. Ed ecco le scacchiere scherzose e irregolari, il Subbuteo iconico e coinvolgente, i pupazzi feriti ma vivi più dei vivi stessi e i mostri: sofferenze e bagliori, necessari del nostro passato è indispensabili per la nostra crescita. Come i dolori, ci si presentano le sue figure. Come i dolori necessari, però: “sentimenti virtuosi nascono sul terreno fertile della sofferenza. Più si soffre, più si deve essere virtuosi”, ci ricorda Alain De Botton. Ed è come se avesse inteso perfettamente questo paradigma che Giorgio guarda e produce la sua opera in un compendio finale, preciso, in una scrematura doverosa e sognante tra il necessario e il superfluo. Tra Il fondamentale e il dispensabile. Come i bambini che nei loro giochi, sbaragliano tutto ciò che non è obbligatorio con il solo gesto della mano, per dedicarsi solo alle cose semplici, trasformando i limiti in opportunità. Oltrepassando l’ostacolo con la velocità dell’occasione, della possibilità. Perché per Giorgio Maggiorelli è nel gioco, e nel suo imprevedibile svilupparsi in rivoli impronosticabili, che s’annida la discriminante tra il vivere e l’esistere. “Se sapessero vedendoti ballare, d’esser morti da sempre anche se possono respirare”, Lucio Dalla intona in una delle sue canzoni e Giorgio coglie al balzo questo pensiero immenso chiamando in causa le passioni, i sogni, le ambizioni. In definitiva: la semplicità delle cose. Osservando il puzzle della vita, che tuona nelle sue opere, attraverso il suo l’obló, ora aperto, ora un po’ più chiuso, sulle cose del mondo. Ma solo quelle meravigliosamente semplici e solo attraverso la tenerezza, intatta, del bambino”.

Giorgio Maggiorelli, pittore milanese, classe 1972

Si dedica all’arte dal 1993, passando da una preparazione non artistica, alla frequentazione della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, dove si Diploma nel 1997 con il Prof. Claudio Olivieri. Definisce la sua opera, talvolta figurativa-stilizzata, talvolta astratta, con riferimenti all’infanzia. La sua ricerca nasce da una forte introspezione onirica, dai contrasti tra finzione e realtà, mescolando, luoghi, colori e atmosfere. “Un gioco del tempo” in cui, passato presente e futuro, salgono e scendono gli stessi gradini, senza distinzione di causa, creando una composizione visionaria che trova il suo corso naturale in un clima di sospensione. I colori, così come la musica, sono ritenuti motore essenziale ai fini compositivi. Niente come la musica, infatti, riesce ad immortalare stati d’animo, come una vera e propria macchina fotografica dei sentimenti. Così parti di testi o anche testi interi di canzoni, diventano dei compagni di viaggio, concetti che per vari motivi hanno lasciato un segno, un po’ come quegli amici che per vite diverse non si vedono mai, ma fa sempre piacere rincontrare. Il colore viene trattato, invece, in due aspetti, quello tecnico, basato su una personale e ossessiva ricerca dell’intensità, pigmenti, oli, colle, luci, lucidità e trasparenze e quello emotivo che è anima, vita, è il suo modo di appartenere al mondo e di descriverlo. Se si potesse definire in un solo concetto la filosofia del personaggio, si potrebbe dire che per non pensare s’immaginerebbe una montagna innevata, completamente bianca, un‘immersione nel neutro, che durerebbe solo qualche istante di pace, per poi poterla colorare.

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